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Closeup view of a pistachio bunch on tree during harvest time in Bronte, Sicily, and Mount Etna in the distance

Utilizzare tecniche di coltivazione ecocompatibili per produrre un pistacchio “siciliano” “eco-friendly”. Questo il primo obiettivo del progetto CLEAN PISTACHIO, “Innovazioni di prodotto e di processo in campo e in post-raccolta per la valorizzazione del pistacchio in Sicilia” (PSR Sicilia 2014/2022 – Sottomisura 16.1), i cui risultati finali sono stati illustrati nel corso del convegno finale che si è tenuto al Dipartimento di Agricoltura, Ambiente e Alimentazione (Di3A) dell’Università di Catania, che del progetto è stato partner scientifico.

Ed è stato proprio il Di3A a trasferire alle aziende partner le conoscenze e le tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale per ottenere, innanzitutto, un pistacchio di alta qualità. “Tra queste innovazioni – ha ricordato Giancarlo Polizzi, docente e responsabile scientifico del progetto – l’utilizzo di microrganismi antagonisti, promotori di crescita, induttori di resistenza, di semiochimici sintetici, di entomofagi, della luce pulsata e l’impiego della pacciamatura. Innovazioni – ha sottolineato – che hanno consentito di valorizzare le produzioni pistacchicole nelle varie fasi del processo produttivo e di stoccaggio e di ridurre l’impatto ambientale”.

Durante il convegno, i cui lavori  sono stati aperti  dal direttore del Dipartimento D13A Mario D’Amico, sono stati presentati i contributi dei docenti Giorgio Gusella, Elena Arena, Dalia Aiello, Gioacchino Pappalardo e Roberta Selvaggi. Per la regione Siciliana era presente Calogero Tornambé Area 3- Assessorato Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca Mediterranea della Regione Siciliana e per l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Catania, la dirigente U.O. Maria Rosa Battiato. “Questa misura, con i suoi ottimi risultati – ha commentato – ha dimostrato come la cooperazione tra mondo della ricerca, l’Università e le imprese può dare un contributo alla crescita e alla competitività complessiva del territorio”.

La seconda sfida del progetto CLEAN PISTACHIO è stata quella di guardare a tutto il comparto della pistacchicoltura siciliana, non solo il pistacchio di Bronte, sebbene il più famoso, mettendo insieme 3 aziende produttrici del comprensorio etneo e 3, invece, con sede nei territori, più pianeggianti  e collinari di Ragusa, Enna e Caltanissetta, oltre alla Cooperativa Smeraldo di Bronte, ente capofila. Svariati studi hanno dimostrato come alcune tecniche di coltivazione ecocompatibili, infatti, possano meglio adattarsi alle condizioni agricole, socio-strutturali e ambientali nelle quali la pistacchicoltura si esercita.

“É stato certamente un progetto di cooperazione tra aziende, così come indica la stessa sottomisura 16.1 – ha evidenziato l’innovation broker, Marzia Signorello– che ha consentito di consolidare i rapporti tra le imprese agricole, gli enti e le strutture di ricerca, garantendo così, il trasferimento delle innovazioni che meglio rispondono ai bisogni reali delle imprese”.  “Il pistacchio siciliano è in sé e per sé è un prodotto di nicchia, al di fuori del territorio etneo e di Bronte in particolare, non si è percepita una piena consapevolezza delle sue reali potenzialità– ha ricordato il presidente della Cooperativa Biagio Prestianni – ma grazie al progetto CLEAN PISTACHIO l’interesse si è allargato e siamo molto soddisfatti. I vantaggi potranno essere sia tecnici, in quanto si otterrà una migliore qualità del prodotto, grazie ad una sensibile riduzione o eliminazione di composti di sintesi, ma anche economici perché abbiamo un prodotto migliore da offrire all’industria di trasformazione”.  Sul punto è intervenuto anche il docente Gioacchino Pappalardo. “Gli agricoltori sono stati molto aperti all’innovazione, alla tutela dell’ambiente e alla salute delle piante; sono pronti – ha sottolineato – ad adottare queste strategie, ma chiedono che questi sforzi siano ufficialmente riconosciuti. Per questo è emersa l’importanza di una certificazione che attesti che si tratti di un prodotto ottenuto con metodi eco-compatibili”. “Oggi il pistacchio siciliano è molto competitivo sul mercato – ha aggiunto – ma proprio per questo è importante sfruttare il momento per imprimere maggiore valore”.

Le aziende coinvolte nel progetto (Prestianni Biagio, Prestianni Elisa, Fallico Antonio, Politi Gaetano, Misteci di Francesco e Dario Morello, la Soc. Agr. Anastasi) hanno messo a disposizione circa 140 ettari di pistacchieti, di cui 40 già in regime biologico, gli altri in attesa di conversione anche grazie al progetto CLEAN PISTACHIO.

Le sperimentazioni sono state effettuate non solo sulle piante già esistenti e sul prodotto già raccolto, ma anche sulle giovani piante. Per questo nel progetto è stato coinvolto come partner anche l’Istituto Superiore “Benedetto Radice” di Bronte che ha messo a disposizione 5 mila metri quadrati (Parco Salanitro di Adrano), in cui sono state messe a dimora 150 giovani piante di pistacchio. Partecipazione voluta dalla dirigente scolastica Maria Pia Calanna che, durante una giornata di campagna svolta proprio a Parco Salanitro, aveva sottolineato l’opportunità per gli studenti di essere collaudatori di questo nuovissimo impianto.

“Nel nuovo impianto abbiamo trasferito innovazioni di difesa sostenibili delle giovanissime piante di pistacchio – ha spiegato il responsabile scientifico del progetto Giancarlo Polizzi– anche attraverso l’impiego di micorrize e di microrganismi antagonisti durante le prime fasi di crescita delle piante. Grazie all’attività di ricerca effettuata nel territorio abbiamo recentemente individuato e descritto nuove malattie fungine del pistacchio, per le quali non sono noti mezzi di controllo, pertanto, abbiamo preso a prestito da altre colture alcune strategie innovative di lotta biologica per verificarne l’efficacia e la possibilità di trasferimento”.

“Il terreno è stato suddiviso in 4 parcelle su cui sono stati trapiantati 4 diversi cloni di pistacchio (due innestati e due da innestare), in modo da mettere a confronto le piante trattate e quelle non trattate con i microrganismi– ha spiegato Giuseppe Trovato, docente, direttore del Parco Salanitro – sul terreno sono stati effettuati lavori di sistemazione, livellamento delle terrazze e concimazione di fondo. Per gli studenti, futuri agrotecnici con grandi competenze da spendere, è stata una esperienza bellissima”.



 

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