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Un convegno organizzato dall’Università Statale di Milano nell’ambito del Centro Nazionale per le Tecnologie dell’Agricoltura – Agritech, ha enfatizzato il passaggio di conoscenze tra pubblico e privato. Tra i progetti guidati dalla Statale, quelli legati alla valorizzazione delle biomasse in agricoltura

Un’agricoltura sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico, capace di affrontare le sfide globali come il cambiamento climatico e il sostentamento di una popolazione in crescita, rappresenta una delle principali sfide per l’umanità.

Con questo obiettivo, il 5 settembre si è tenuto a Milano il convegno “Agritech: Coltivare innovazione per un futuro sostenibile”, organizzato dall’Università Statale di Milano all’interno delle attività del Centro Nazionale per le Tecnologie dell’Agricoltura – Agritech. Il progetto, finanziato dal Pnrr, punta a favorire e accelerare il trasferimento tecnologico tra università e imprese su progetti di ricerca in ambito agricolo.

I “bandi a cascata”

All’evento hanno partecipato tutti gli enti di ricerca coinvolti. I coordinatori dei nove Spoke, in cui è suddiviso il progetto Agritech, hanno dialogato con rappresentanti delle organizzazioni di categoria, delle imprese e dei territori, per fare il punto sui risultati raggiunti e delineare i prossimi obiettivi del settore agroalimentare.

Questo confronto è indispensabile per creare un circolo virtuoso tra ricerca e impresa, come dimostra il successo dei “bandi a cascata” emessi da ciascuno Spoke. Questi bandi offrono opportunità di finanziamento basate su inviti a presentare proposte.

In particolare, lo Spoke coordinato dalla Statale di Milano ha emesso un bando per un finanziamento complessivo di 3,7 milioni di euro a cui hanno risposto 27 partenariati che comprendono 27 enti di ricerca e 54 aziende, e che visto il successo è stato successivamente incrementato di 1,8 milioni di euro.

Il ruolo della Statale di Milano

Numerose sono le innovazioni tecnologiche sviluppate dal gruppo di ricerca coordinato dalla Statale, già in fase avanzata di sperimentazione. Tra queste, una tecnica per il recupero del fosforo dai fanghi di depurazione, un processo che sostituisce i fitofarmaci sintetici con alternative naturali derivanti dagli scarti dell’industria conserviera del pomodoro, e una procedura per il recupero di biomasse attraverso processi chimici e biologici per ottenere prodotti a basso consumo di acqua.

Tra le personalità che hanno partecipato alla giornata la ministra dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini e il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida.

L’evento ha fatto il punto «sullo stato di avanzamento del grande progetto Agritech a poco più di un anno dalla conclusione del Pnrr. Con la presentazione dei risultati più importanti appare chiaro quanto il “modello Agritech” diventi fondamentale per affrontare sia le necessità di innovazione nel settore della produzione sia le emergenze e le sfide generate dal cambiamento climatico», ha concluso Matteo Lorito, rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente della Fondazione Agritech.

Cos’è Agritech

Con un budget stimato di 346 milioni di euro, Agritech è uno dei cinque centri nazionali lanciati nel 2023 con i finanziamenti del programma Next Generation Europe dell’Ue. È nato con l’obiettivo di mettere a sistema le migliori competenze scientifiche per rendere l’industria agroalimentare italiana più competitiva e sostenibile, in grado cioè di affrontare i cambiamenti climatici, ridurre l’impatto ambientale nel campo dell’agrifood, sviluppare le aree marginali e garantire la sicurezza, la tracciabilità e la tipicità delle filiere.

Il progetto coinvolge 51 partner, tra cui 28 università. Oltre a promuovere la transizione ecologica e digitale, si occupa anche della formazione dei giovani per sviluppare le competenze necessarie in questo ambito strategico.

A due anni dalla sua costituzione, sono 2.000 i ricercatori che lavorano nel centro Agritech. Tra i nuovi arruolamenti vi sono 120 dottorandi, 120 ricercatori e 248 assegnisti. Il 45% del personale coinvolto nel progetto è composto da donne.



 

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