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L’imposta sostitutiva mutui non può trovare applicazione alla cessione di crediti a scopo di garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di leasing, in quanto manca il requisito oggettivo della natura finanziaria o creditizia dell’operazione. Nel caso di specie, quindi, resta applicabile l’imposta di registro con l’aliquota dello 0,5% prevista dall’art. 6 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86. Lo afferma la Cassazione con due sentenze gemelle depositate ieri, la n. 23873 e la n. 23909.

Il caso di specie riguardava una società in accomandita semplice che, per garantire alla società di leasing il pagamento dei canoni di locazione finanziaria, aveva ceduto a questa ultima i crediti presenti e futuri vantati dalla società utilizzatrice nei confronti del GSE.

Sull’atto di cessione di crediti era stata corrisposta l’imposta di registro dello 0,50%, che la sas cedente aveva, però, poi chiesto a rimborso all’Agenzia delle Entrate; ma questa l’aveva negato.
Il diniego di rimborso era stato impugnato in giudizio, dove la società in accomandita aveva sostenuto che la cessione di credito dovesse, in realtà, scontare l’imposta sostitutiva mutui di cui all’art. 15 e ss. del DPR 601/73 (non emerge dal testo della pronuncia, ma è possibile che la cessione fosse anteriore al dicembre 2013, quando la sostitutiva mutui è divenuta opzionale ex art. 12 comma 4 del DL 145/2013).

La tesi del contribuente era stata accolta dalla Commissione tributaria provinciale che, soffermandosi, in particolare, sul requisito soggettivo dell’imposta sostitutiva, aveva ammesso la possibilità di applicarla “non solo alle aziende ed agli istituti di credito […] ma anche agli intermediari finanziari”.
La decisione d’appello viene impugnata dall’Agenzia delle Entrate e arriva al vaglio della Cassazione che la ribalta, accogliendo le ragioni del Fisco.

Viene, infatti, rilevato come il giudice di merito abbia diffusamente motivato la propria decisione sul requisito soggettivo dell’imposta sostitutiva mutui, senza però approfondire il tema dell’elemento oggettivo che, invece, nel caso di specie risultava dirimente. Infatti, l’ambito oggettivo del regime sostitutivo è delineato dall’art. 15 del DPR 601/73 incentrandolo sulla nozione di “finanziamento”, che non può essere interpretata estensivamente, ma deve essere riferita a “operazioni qualificate dall’erogazione materiale di risorse finanziarie al fine di accrescere la produttività e di favorire lo sviluppo economico” che, in forza di questa ratio, giustificano “l’applicazione di un’imposta sostitutiva esigua, pari allo 0,25%“.

La Suprema Corte condivide questa impostazione e, confermando un proprio precedente (Cass. n. 28734/2023), afferma che, in ipotesi di cessione di credito pro solvendo a garanzia del pagamento del canone di leasing non possa operare l’art. 15 del DPR 601/73. Infatti, se è vero che questa norma (oggi, solo in presenza di opzione per la sostitutiva) “esonera dal versamento dell’imposta di registro le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, tutti i provvedimenti ed atti ad esse inerenti, le garanzie a qualunque titolo prestate, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti”, nel caso di specie ciò che manca è proprio “il finanziamento”.

Tenendo conto della ratio legis, infatti, si possono intendere come “operazioni di finanziamento” ai fini dell’art. 15 del DPR 601/73, solo quelle che “si traducono nella provvista di disponibilità finanziarie, cioè nella possibilità di attingere denaro da impiegare in investimenti produttivi” (Cass. n. 34230/2021).

Questa ratio, secondo i giudici di legittimità, non è soddisfatta dalla cessione di crediti a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da contratti di leasing, in quanto è assente la natura creditizia o finanziaria dell’operazione, posto che l’oggetto del regolamento negoziale è solo la garanzia del recupero del credito e non un finanziamento.

Pertanto, in tal caso resta applicabile l’imposta di registro dello 0,5% prevista dall’art. 6 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 (tra il resto) per le “cessioni di crediti”, posto che la cessione resta dotata di autonomia funzionale rispetto all’operazione di leasing, cui pure è legata da collegamento negoziale.
Non pare pertinente, in questo contesto, il riferimento, operato dal giudice di merito, alla risoluzione Agenzia delle Entrate 3 aprile 2012 n. 29, in cui era stata riconosciuta l’applicabilità dell’imposta sostitutiva ad una cessione di crediti a garanzia del rimborso di un finanziamento erogato mediante mutuo. Qui, infatti, era presente l’elemento oggettivo dell’agevolazione costituito dal “finanziamento” mancante nel caso di specie.

Molto più calzante, invece, appare il riferimento (già operato da Cass. n. 28734/2023) alla ris. Agenzia Entrate 4 luglio 2008 n. 278 che, nell’esaminare una fattispecie assimilabile a quella in oggetto, afferma l’esclusione da IVA ai sensi dell’art. 2 comma 3 lett. a) del DPR 633/72 della cessione di crediti a garanzia di un leasing immobiliare (con conseguente assoggettamento all’imposta proporzionale di registro), in quanto essa è priva di natura finanziaria.

 

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