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Come previsto dalla maggior parte degli analisti, la Federal Reserve ha scelto di colpire duro e ieri sera ha annunciato un taglio dei tassi di interesse di 50 punti base, portandolo nel range al 4,75-5 %. La decisione del comitato di politica monetaria (il Fomc), rappresenta il primo taglio dal marzo del 2020 ed è stata votata da tutti i membri, a eccezione di Michelle Bowman, che avrebbe preferito rimanere su uno 0,25%. Abbiamo chiesto al professor Stefano Manzocchi, ordinario della Luiss del Dipartimento di Economia e finanza, un commento sulla scelta della Fed.
Professore, cosa pensa della scelta della Fed?
Non era del tutto disatteso un taglio così grande, nell’ultimo periodo i messaggi della Fed erano possibilisti e c’era abbastanza consenso su questa possibilità . L’ipotesi di mezzo punto dunque era nell’aria, non è particolarmente sorprendente. Bisogna capire se, come sostengono quasi tutti gli analisti, questo significa che la Fed è pronta ad altri tagli nei prossimi mesi e che quindi la sua intenzione è quella di uscire velocemente dalla politica restrittiva. Per capire questo però bisognerà aspettare le prossime riunioni.
Si parla già di un ulteriore taglio entro la fine del 2024 infatti…
Esatto e non è neanche escluso – ma per questo bisognerà guarderà ai segnali del mercato del lavoro – che ci possa addirittura essere un altro taglio di mezzo punto entro la fine dell’anno.
Il Presidente della Fed Jerome Powell, commentando la decisione in conferenza stampa, ha dichiarato che non si tratta di un segnale di recupero, ma di equilibrio. Secondo lei?
Tutta questa situazione va letta anche considerando il quadro politico americano. Non dimentichiamo che –  ancor più che a livello europeo, dove il board della BCE è nominato dai governi – negli Usa la decisione è assolutamente governativa. L’inflazione negli Usa non è stata del tutto debellata ma ci sono segnali di rallentamento abbastanza forte. Le cose hanno finora funzionato bene per la Fed, perché la politica di Powell è riuscita a far scendere abbastanza l’inflazione. Il problema ora è quello di non lasciare la stretta troppo a lungo, perché il contraccolpo potrebbe ricadere sull’amministrazione Trump (che ha nominato Powell nel 2018, ndr), qualora dovessero vincere i Repubblicani. La Fed quindi si sta muovendo su un doppio binario.
Quali saranno gli effetti di questa decisione sui mercati europei?
Siamo di fronte a un apprezzamento dell’euro rispetto a qualche trimestre fa e naturalmente adesso la BCE, che pure ha iniziato con un piccolo taglio la scorsa settimana, si troverà di nuovo a guardare cosa succede oltreoceano. L’economia europea è veramente imballata, molto di più di quello che ci possiamo raccontare: il motore tedesco è troppo importante e quindi tutti ne risentiranno, chi più chi meno. Avere anche un ulteriore apprezzamento di qualche punto dell’euro significa che si penalizzano ancora le esportazioni europee e questo, nel contesto di un’economia già ferma, potrebbe rivelarsi un problema grosso. Mi aspetto quindi un’altra mossa della Bce per ridurre il livello dei tassi. Il problema della Banca centrale europea è che deve guardare a realtà eccessivamente diverse tra loro e tenerle insieme.
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