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Stellantis non brilla . Il lento declino e le tante incognite #adessonews #finsubito richiedi prestito immediato

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È una Stellantis che brilla a fatica nel cielo dell’automotive. Un colosso automobilistico che ha battezzato Cassino Plant nel segno del lusso con operai che, però, restano a casa per 47 giorni di seguito e una produzione che sfiora il 40% di calo nel primo semestre 2024.
Eppure è nata sotto le migliori insegne, negli anni della “rivoluzione culturale”, non certo quelli del passaggio dall’endotermico all’elettrico. Il “combustibile” di quel periodo era incarnato dalla sfida alle convenzioni sociali e dalla voglia di cambiamento. Erano quegli anni Settanta che hanno visto i primi robusti pilastri, dopo una dura fase di espropri, diventare una fabbrica imponente che ha cambiato la storia del territorio innescando una trasformazione sociale, economica e occupazionale che ha decretato la fine (o il riposizionamento) della “civiltà agricola”.

Inaugurato nel 1972, lo stabilimento di Piedimonte San Germano spezza il “nastro” del passato e registra una svolta epocale: è la rivoluzione industriale del basso Lazio. «Gli anni Settanta furono gli anni di rilancio di una politica meridionalista – ricorda il già senatore, deputato e sottosegretario di Stato Angelo Picano – con una contrattazione tra Stato e sindacati che portarono l’Italia meridionale a fare un grosso passo avanti nel campo dell’industrializzazione. Poi sono venute le crisi, alternate negli stabilimenti, ma nel complesso era cambiata l’aria, il metodo di lavoro, di approccio all’impresa». Era cambiata l’aria e la vita delle famiglie che acquistavano casa e facevano esplodere l’edilizia locale. Una luce che ha percorso decenni fino a iniziare, lentamente, ad affievolirsi.

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Era il 1º gennaio 2014 quando si avviano le operazioni per acquistare la totalità del pacchetto azionario di Chrysler Group. Il mercato ormai non è più “locale” ma “globale”. E la nuova Fca è figlia dei tempi.
Cassino osserva dalla finestra, impossibile intervenire in dinamiche così lontane dai propri… confini. E già da allora il sito inizia a viaggiare verso la trasformazione in un polo del lusso: sarà proprio l’ad Marchionne a confermarlo nella storica visita del novembre 2016 dove consacra la “casa dell’Alfa”, benedice la coppia Giulia e Stelvio e inneggia alla “meccanica delle emozioni”. Ma fa di più, annuncia 1.800 posti di lavoro entro il 2018. A presidiare il momento c’è anche il premier Matteo Renzi. In realtà a dicembre 2017 il territorio viene scosso da un terremoto inatteso per il licenziamento, tramite sms, di 530 interinali su 800 assunti.
Nel frattempo anche l’indotto, che sfiorava i 10.000 addetti, comincia a scivolare verso il basso.

È l’inizio della decrescita infelice che porterà ai circa 3.000 lavoratori di oggi immersi in un continuo ricorso agli ammortizzatori sociali. Con buste paga che, a volte, scendono anche al di sotto dei mille euro. Il territorio? Osserva ancora dalla finestra quasi totalmente impossibilitato a intervenire in una realtà che il 16 gennaio del 2021 ha esteso ancora di più i suoi orizzonti con la nascita di un colosso che controlla 14 marchi e che verrà chiamato “Stellantis”, frutto della fusione tra i gruppi Fca Chrysler e Psa. Nello stesso anno nella culla cassinate del Biscione si sente il primo vagito di un nuovo modello, viene dalla Maserati: si chiama Grecale e, più avanti, sarà assemblato sulla ormai “vecchia” piattaforma Giorgio. L’unico, in attesa di Stelvio e Giulia nel 2025 e nel 2026, che ha già la versione full electric. Ma la produzione si assottiglia sempre di più nei mesi, le vendite a singhiozzo del mercato non concedono troppi “lussi”! E, di nuovo, il comparto della componentistica scivola verso il basso. Pochi i giorni di lavoro mensile e incubo licenziamenti ora che cig e cds hanno una data di scadenza non più rinnovabile.

Ed è proprio sull’indotto che si sofferma il professor Raffaele Trequattrini, commissario straordinario del Consorzio Industriale del Lazio, perché «rappresenta la parte più debole di questo sistema. Ciò che noi dobbiamo fare, e su cui c’è l’assoluta necessità di sinergia, è lavorare per offrire il giusto supporto alle aziende dell’indotto, qualora Stellantis decida di ridurre la propria incidenza nel territorio. In questo caso, ci potremo trovare dinanzi a un bivio: da una parte, si potrebbe decidere di continuare a fare dell’automotive il settore trainante del territorio e, in questo caso, diventa indispensabile attrarre nuovi player; l’altra strada, invece, è quella di una totale o parziale riconversione e, per farlo, mi sembra plausibile puntare su due eccellenze costituite da Fincantieri, per lo sviluppo del settore energetico, e da Leonardo, per sviluppare il comparto del settore della difesa. In una situazione del genere il Consorzio industriale riveste un ruolo centrale.

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Innanzitutto, deve lavorare sulle infrastrutture per garantire i servizi primari di cui hanno bisogno tutte le aziende; poi, concentrarsi su progetti innovativi; uno di questi è rappresentato dalla “geolocalizzazione”, che offre la possibilità a ogni investitore nazionale o estero di avere una mappatura attenta e minuziosa, al fine di individuare con rapidità l’area maggiormente rispondente alle proprie esigenze». Altro tema, fondamentale, è quello della transizione energetica e, proprio su questo, «il Consorzio sta lavorando per la costruzione di una o più comunità o cooperative energetiche, che possano garantire forniture adeguate di energia pulita, a prezzi convenienti alle aziende del Consorzio. Ultimo punto consiste nello sciogliere il nodo della produttività mediante l’intelligenza artificiale che rappresenta la nuova sfida per il mercato del lavoro».
Concretezza, come parola chiave. L’unica capace di aprire la porta della risalita. Anche perché il paragone con il passato è impietoso. Solo volendo prendere ad esame l’ultimo decennio, attraverso i dati Fim Cisl, la produzione nel 2013 fotografava 79.050 vetture, 51.000 nel 2014, 45.668 nel 2015, 71.695 nel 2016 con l’exploit nel 2017 e le 135.263 vetture prodotte. Andiamo a 99.154 nel 2018, 58.772 nel 2019, 43.753 nel 2021 per poi risalire a 55.000 nel 2022, 48.800 nel 2023 e appena 15.900 nel primo semestre del 2024.

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«I dati dal 2013 – spiega Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl – sono categorici rispetto a una situazione veramente complicata, difficile e grave per lo stabilimento di Cassino. Solo se analizziamo il 2017, l’anno in cui venivano prodotte le due nuove Alfa, Giulia e Stelvio, e Giulietta le produzioni si attestavano intorno alle 135.000 unità ed erano presenti 4.300 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e circa 800 lavoratori in somministrazione per i quali era previsto un percorso di stabilizzazione. Oggi ci troviamo in una situazione in cui le produzioni, nel 2024, si attesteranno al di sotto delle 30.000 con un’occupazione di 2.700 lavoratori. È evidente che la situazione è molto negativa e, in termini occupazionali, ha avuto una riduzione superiore rispetto ad altri stabilimenti e, al contempo, una situazione di sofferenza sui volumi che caratterizzerà tutto il 2025. Questo perché la piattaforma Large, che è certamente un elemento positivo, vedrà la prima vettura impostata verso la seconda parte del 2025. Nel 2026 verrà prodotto anche il secondo nuovo modello mentre il suv partirà nel 2027. Queste sono le comunicazioni che oggi abbiamo a disposizione e che non ci fanno intravedere una crescita di volumi, un’inversione di tendenza, se non a partire dal 2026 quando ci saranno due vetture sulla piattaforma Large. Il Maserati Grecale non sta avendo una rispondenza di mercato rispetto alle attese e questo non ha consentito di compensare la situazione di sofferenza che si è iniziata a riscontrare su Giulia e Stelvio. Per noi diventa fondamentale comprendere la strategia commerciale adottata sui prossimi modelli, di prevedere che, oltre ai motori full electric, ci siano anche gli ibridi. Rimane comunque il problema per lo stabilimento di Cassino, come per molti altri del gruppo Stellantis, di avere una proroga della cassa integrazione, un allungamento della durata: è una questione che stiamo ponendo con forza al governo (ad oggi non abbiamo avuto risposte) perché nel 2025 anche per questo stabilimento dovrebbero interrompersi gli ammortizzatori. Per questo come Fim Cisl stiamo sollecitando con forza la necessità di averne altri: diversamente rischieremo di doverci trovare in una situazione di contrazione occupazionale nel mentre si aspetta l’implementazione di nuove vetture».

E non esclude azioni eclatanti: «Come Fim Cisl riteniamo che, se la situazione continua a determinarsi sempre in maniera peggiorativa, si debba decidere di intervenire anche con la mobilitazione unitaria nazionale dei lavoratori di Stellantis al fine di costringere il governo e la multinazionale ad assumersi gli impegni per salvaguardare stabilimento e occupazione».
Quella laziale è una delle “vertenze” più complicate nell’universo Stellantis per Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.

«La situazione di Cassino – spiega – è una delle più deteriorate del gruppo. Una situazione drammatica con orizzonti cupi: gli annunci fatti sulla piattaforma Large e le nuove produzioni elettriche, in parte iniziate ma con volumi bassi, non danno certezza di saturazione e di occupazione.
Alla ripresa stanno lavorando su un solo turno e non è escluso che nei prossimi mesi proseguiranno con le fuoriuscite incentivate. Sono produzioni, quelle di Cassino, che non garantiscono volumi di saturazione. In Italia non c’è il rischio chiusura ma quello dello svuotamento degli stabilimenti e Cassino è uno di questi. Nell’indotto siamo in una situazione ancora peggiore perché quasi tutte le aziende della componentistica sono monocommitenti con Stellantis. Quindi anche l’indotto, e non solo a Cassino, è in pesantissima difficoltà, il rischio è che nel corso 2025 la situazione si faccia ancora più pesante».

Gianluca Ficco, segretario nazionale della Uilm, responsabile del settore auto non usa giri di parole: «Purtroppo Cassino è uno degli stabilimenti in maggiore difficoltà a cui sono state promesse delle nuove vetture ma che, al momento, sta subendo un livello di cassa integrazione intollerabile.
A essere in una condizione persino piu grave è l’indotto, da una parte risente del rallentamento della produzione dello stabilimento dall’altra sta perdendo commesse. Uno dei motivi che determina la perdita di commesse delle aziende dei servizi consiste nella internalizzazione dei processi. Abbiamo più volte denunciato il fatto che se non si interviene subito sugli ammortizzatori sociali i lavoratori saranno esposti al rischio licenziamento, abbiamo sottolineato l’estrema urgenza della situazione perché il rischio riguarda, secondo le nostre stime, circa 700 lavoratori, da qui al 31 dicembre con ammortizzatori sociali in via di esaurimento a causa dei limiti posti dal Jobs Act. La crisi che stiamo vivendo è frutto di tre ragioni: gli errori compiuti all’Unione Europea nelle politiche di passaggio all’elettrico, il disimpegno di Stellantis dall’Italia e l’incapacità del governo di supportare impresa e lavoratori.
Tre fattori che, una volta che si sono uniti, sono diventati micidiali. Ci batteremo con tutti coloro che hanno a cuore la salvaguardia del lavoro e dell’industria cercheremo la collaborazione delle amministrazioni regionali e metteremo in campo tutte le azioni di protesta che possono servire a difendere quello che è ancora il primo settore industriale italiano».

La drastica diminuzione della produzione di auto nello stabilimento sta insomma disorientando la filiera della componentistica. Che annaspa più della fabbrica. Nino Polito, presidente di Federlazio, sede di Frosinone, ha le idee chiare: «La riduzione della produzione riflette una tendenza europea legata alla transizione verso l’elettrico; Stellantis deve darci risposte chiare sul piano industriale. Le aziende dell’indotto stanno esaurendo gli ammortizzatori sociali pertanto, nell’immediato, sono indispensabili strumenti straordinari a sostegno delle imprese e dell’occupazione. Un ulteriore aspetto su cui riflettere è l’area di crisi complessa. Le imprese del Cassinate, non essendo incluse, non possono usufruire della cassa integrazione in deroga.
Accogliamo favorevolmente l’ipotesi della Regione Lazio di costituire una zona cuscinetto e istituire un regime speciale esteso alle aree in difficoltà di sviluppo, confinanti con la Zona Economica Speciale (Zes) Unic».
La questione Zes è stata al centro dell’attenzione di Federlazio già da tempo, ed è un fattore che incide significativamente sulla competitività del nostro tessuto imprenditoriale. «Dopo il fallimento dell’ipotesi di una Zes Unica anche per il Basso Lazio – osserva Massimiliano Iannucci, direttore di Federlazio, sede di Frosinone – è necessario attivare strumenti capaci di compensare la maggiore attrattività dei territori confinanti. Si potrebbero identificare ulteriori tipologie di “Zone Speciali”, consentite dalla normativa, per semplificare la burocrazia, accelerare i processi decisionali e prevedere agevolazioni economiche, in conformità con la modificata Carta degli Aiuti a finalità regionale. Questa modifica, mirata a modernizzare gli aiuti di Stato secondo le attuali condizioni economiche e le priorità in termini di politiche comunitarie e disparità regionali, includerebbe anche parte delle province di Frosinone e Latina nelle “Zone C non predefinite”, con un incremento delle percentuali massime di aiuto».

Una prospettiva, una sorta di luce fuori dal tunnel in cui corrono, ad oggi, le poche auto prodotte a marchio Stellantis in un universo che fa sorgere ogni giorno troppe nubi all’orizzonte.
Il futuro di un territorio, per decenni legato solo all’automotive, sembra appeso a un filo con quella scarsa capacità di riconversione che ha camminano insieme alle varie crisi del settore. Timidi e isolati i tentativi di scrivere nuove pagine di crescita economica in una terra ricca di storia, cultura, archeologia, commercio ed artigianato. Timidi e isolati mentre l’industria soffre e non riesce più a garantire la tenuta sociale.

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