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Fukushima, un accordo non così minore #adessonews

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Venerdì 20 settembre i governi di Cina e Giappone hanno comunicato di aver raggiunto un accordo sullo scarico nell’oceano delle acque reflue provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, scarico iniziato il 24 agosto 2023, con licenza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna (IAEA).

L’accordo si articola in quattro punti:

1. Il Giappone si impegna esplicitamente ad adempiere agli obblighi previsti dal diritto internazionale, a fare del proprio meglio per evitare di lasciare un impatto negativo sulla salute umana e sull’ambiente, e a condurre continue valutazioni dell’impatto sull’ambiente e sugli ecosistemi marini.

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2. Considerate le preoccupazioni della Cina e di tutte le altre parti interessate, il Giappone accoglie con favore l’istituzione, nell’ambito della IAEA, di un organo internazionale di monitoraggio a lungo termine che copra le fasi chiave dello scarico delle acque contaminate dalle radiazioni, e farà in modo che la Cina e tutte le altre parti interessate possano partecipare in modo sostanziale in tale organo e assicurerà ai paesi partecipanti la possibilità di effettuare campionamenti e monitoraggi indipendenti, nonché confronti interlaboratorio.

3. Entrambe le parti concordano di continuare un dialogo costruttivo e basato sulla scienza, con un grande senso di responsabilità per l’ecosistema, l’ambiente e la salute umana, per affrontare adeguatamente le preoccupazioni per lo scarico delle acque contaminate nell’oceano.

4. La Cina dichiara di aver preso precauzioni temporanee di emergenza nei confronti dei prodotti acquatici diorigine giapponese in conformità alle leggi e ai regolamenti cinesi e alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. Dopo che la Cina avrà partecipato in modo sostanziale al monitoraggio internazionale e dopo che saranno stati effettuati i campionamenti indipendenti, la Cina riprenderà gradualmente le importazioni di prodotti acquatici giapponesi che soddisfino i requisiti e gli standard normativi.

Nel 2023, a seguito del primo rilascio di acque reflue da Fukushima nell’Oceano Pacifico, la Cina aveva appunto vietato l’acquisto di frutti di mare provenienti dal Giappone.

Il ruolo della IAEA

Il direttore generale della IAEA Rafael Grossi ha accolto con favore l’accordo: “Desidero elogiare il governo del Giappone per il suo continuo impegno con la IAEA e il governo cinese per le consultazioni costruttive tenute con l’Agenzia a sostegno di questo processo bilaterale che oggi si conclude positivamente. Confermo che questo accordo si è basato sulle nostre attuali attività di campionamento e monitoraggio. L’Agenzia si coordinerà con il Giappone e le altre parti interessate, compresa la Cina, per garantire che le misure aggiuntive siano attuate in modo appropriato, mantenendo l’integrità del processo in piena trasparenza per garantire che i livelli di scarico dell’acqua siano, e continuino a essere, in stretta osservanza e coerenti con gli standard di sicurezza internazionali.”

Dall’incidente della centrale nucleare di Fukushima Daiichi nel 2011, la IAEA ha contribuito attivamente a tutte le attività legate alla disattivazione sicura e alla gestione delle conseguenze dell’incidente.

Un aspetto importante di questo lavoro riguarda l’acqua stoccata nell’impianto e la necessità di gestirla in modo sicuro. In seguito all’adozione della politica di base da parte del Giappone nell’aprile 2021, le autorità giapponesi hanno chiesto alla IAEA di contribuire alla revisione dei piani per garantire che siano attuati in modo sicuro e trasparente e in conformità con gli standard di sicurezza internazionali.

 

Il problema del trizio

Appena ripreso il controllo della centrale dopo le fasi emergenziali, la TEPCO, gestore dell’impianto, ha bloccato la dispersione in mare delle acque utilizzate per il raffreddamento degli impianti raccogliendole in cisterne che hanno via via coperto tutto lo spazio, con l’obiettivo di trattarle per eliminare le sostanze radioattive contaminanti.

La IAEA ha creato una task force internazionale (composta da esperti tecnici da Argentina, Australia, Canada, Cina, Francia, Isole Marshall, Repubblica di Corea, Federazione Russa, Regno Unito, Stati Uniti e Viet Nam)per valutare il piano di decontaminazione scelto dalla TEPCO; sulla base dei lavori della task force, la IAEA ha pubblicato il 23 maggio 2023 un rapporto sulla determinazione dei radionuclidi presenti nell’acqua trattata dalla TEPCO mediante il metodo ALPS (Advanced Liquid Processing System).

Il sistema ALPS è fondamentalmente un sistema di pompaggio e filtrazione che utilizza una serie di reazioni chimiche per rimuovere 62 radionuclidi dall’acqua contaminata. Il materiale radioattivo rimosso dall’acqua viene catturato in filtri che vengono conservati in loco in appositi contenitori. L’acqua trattata viene quindi immagazzinata in cisterne da 1000 m3 ciascuna (attualmente ci sono oltre 1000 cisterne per oltre 1,3 milioni di m3).

Mentre ALPS è efficace per i radionuclidi pesanti (inclusi, per esempio, 60Co, 90Sr, 106Ru, 125Sb, 129I, 134Cs, 137Cs, 14C e 99Tc) non riesce a separare il trizio (l’isotopo dell’idrogeno composto da un protone e due neutroni), per la sua ridotta presenza e l’affinità chimica con l’idrogeno comune (prozio).

A differenza del prozio e del deuterio (un protone e un neutrone) il trizio è radioattivo, con un tempo di dimezzamento di 12,32 anni ed emissione di radiazione beta da 18,6 keV, per cui la task force ha dedicato particolare l’attenzione al trattamento dell’acqua tritonata (HTO), approvando il piano di versamento individuato dalla TEPCO e dal governo giapponese.

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I punti fondamentali del piano sono due: 1. la radioattività totale del trizio negli scarichi annuali non può superare quella del trizio presente negli scarichi effettuati quando la centrale era funzionante (22 tera bequerel); 2. la radioattività specifica dell’acqua versata non può superare 1500 Bq per litro (ricordiamo che il limite per l’acqua potabile fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità è di 10000 Bq/litro).

Per raggiungere il valore previsto della radioattività specifica, la Tepco prevede di scaricare l’acqua con un processo in due fasi. In primo luogo, una limitata quantità di acqua trattata con ALPS viene diluita con la necessaria quantità di acqua di mare e immagazzinata in un pozzo di scarico verticale per campionare, misurare e verificare i livelli di trizio nell’acqua. L’acqua sarà poi scaricata in mare attraverso un tunnel sottomarino di 1 km. Il piano prevede lo scarico di circa un milione di m3 all’anno, in un processo che richiederà decadi per venir completato.

Qualche pregio del trattato

L’accordo raggiunto pone fine a un serio conflitto internazionale, che avrebbe potuto aggravarsi in modi imprevedibili (come sembra essere la regola dei correnti conflitti): la Cina si era opposta in modo duro al versamento in mare delle acque reflue di Fukushima dichiarandolo “irresponsabile” e bloccando le importazioni di prodotti marini giapponesi. Anche i paesi insulari del Continente blu del Pacifico avevano visto nell’iniziativa giapponese una “minaccia esistenziale”, quasi in continuità con la contaminazione radioattiva dovuta ai test nucleari; la loro presenza nell’organo internazionale previsto dal trattato può fornire garanzie sul rispetto ambientale e sanitario del Pacifico.

 L’accordo viene così a ridurre la tensione nel contesto indo-pacifico caratterizzato da crescenti conflitti fra i paesi rivieraschi dei mari inclusi nella “prima catena di isole“.

Un secondo punto da sottolineare riguarda il contributo della IAEA all’esito positivo di questa importante questione, raggiunto attraverso l’esercizio imparziale del suo mandato tecnico. Viene così confermata la sua competenza e autorità al riguardo della sicurezza nucleare specifica e globale. L’immagine e il prestigio internazionali dell’Agenzia vengono rafforzati in un momento particolarmente delicato, dovendo gestire i problemi di sicurezza delle centrali nucleari ucraine (e viciniori russe) e le questioni poste dal programma atomico iraniano.

Il problema di immagine è particolarmente importante date le presenti difficoltà e discredito di gran parte delle istituzioni della famiglia dell’ONU, a partire dalla stessa Assemblea generale, alle prese con la sua incapacità di far fronte a una marea crescente di sfide, con i conflitti in corso (dall’Ucraina al Medio-oriente al Sudan) che stanno mettendo a dura prova l’intero sistema delle Nazioni Unite.

Infine, nella presente eclisse di diplomazia attiva, l’accordo ribadisce l’efficacia del metodo negoziale per la soluzione dei conflitti, l’utilità della discussione fra paesi potenzialmente ostili su questioni fortemente divisive finalizzata a definire i dettagli di un compromesso, ove ogni parte deve rinunciare a qualcosa, dopo aver combattuto per la pignola definizione di ogni punto del testo.

In questo spirito, nel secolo scorso si riuscì a mantenere fredda la competizione fra l’Unione Sovietica e i paesi occidentali; una lezione che non andrebbe dimenticata.





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