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Sportivi professionisti: tassazione del reddito #adessonews

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Le modalità di tassazione dei redditi originati da sportivi professionisti, presuppone, preliminarmente l’analisi della natura del rapporto di lavoro che si instaura con la società sportiva.

Chi sono gli sportivi professionisti?

L’articolo 2 della Legge n. 91/81 prevede che possono essere considerati sportivi professionisti quelli in possesso di specifici requisiti dettati dalla norma, ovvero:

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“gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali.
Questo secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”

La riforma del settore dello sport ha individuato le società (non tanto gli sportivi) che operano con scopo di lucro. Si tratta delle società che (ex art. art. 38 co. 1 del D.Lgs. n. 36/21):

  • Svolgono la propria attività sportiva con finalità lucrative;
  • operano nei settori che, indipendentemente dal genere, conseguono la relativa qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali o dalle Discipline sportive associate, anche paralimpiche, secondo le norme emanate dalle Federazioni e dalle Discipline sportive stesse, con l’osservanza delle direttive e dei criteri stabiliti dal CONI e dal CIP, per quanto di competenza, per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica, in armonia con l’ordinamento sportivo internazionale.

Le Federazioni sportive italiane riconosciute dal CONI che hanno riconosciuto il professionismo sono:

  • la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.);
  • la Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.);
  • la Federazione Italiana Golf (F.I.G.);
  • la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.)

Attività lavorativa di lavoro dipendente o autonomo

L’attività lavorativa nelle società sportive professionistiche può essere svolta da due diverse categorie di lavoratori:

  • I lavoratori sportivi;
  • I lavoratori e collaboratori cui si applica la disciplina comune del diritto del lavoro;

l’appartenenza dei primi all’area del professionismo comporta l’applicazione di una disciplina speciale relativamente al rapporto contrattuale, tributario e di sicurezza sociale.

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Per quanto riguarda, la tipologia di attività questa può inquadrarsi (art. 25 co. 2 del D.Lgs. n. 36/21) attraverso un contratto di:

  • Lavoro subordinato (art. 2094 c.c.), quando siamo di fronte alla soggezione del potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro;
  • Lavoro autonomo (art. 2222 c.c.), anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409 co. 1 n. 3 c.p.c.

La specialità che caratterizza la disciplina del settore sportivo comporta l’applicazione (o la disapplicazione) di particolari disposizioni rispetto al diritto comune del lavoro.

Lavoro sportivo subordinato

Il lavoro sportivo prestato dagli atleti si presume oggetto di contratto di lavoro subordinato laddove sia prestato (art. 27, co. 2 del D.Lgs. n. 36/21), come attività principale, o prevalente, e continuativa.

Il lavoro sportivo di tipo subordinato, applicabile tanto al settore dilettantistico quanto a quello professionistico, può essere (art. 26 del DLgs. 36/2021):

  • A tempo indeterminato;
  • A termine.

Rientrano nella categoria del lavoro dipendente, ad esempio, i contratti dei calciatori professionisti, quelli dei piloti di auto e quelli di moto.

Trattamento di fine rapporto

La norma prevede l’applicazione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (TFR) al termine dell’attività sportiva a norma dell’art. 2123 c.c. (art. 26 co. 4 del D.Lgs. n. 36/21). L’indennità percepita dai lavoratori subordinati sportivi al termine dell’attività ai sensi dell’art. 26 co. 4 è soggetta a tassazione separata (art. 17 co. 1 lett. f) del TUIR, come modificato dall’art. 51 co. 2 lett. a) del D.Lgs. n. 36/21).

Lavoro sportivo autonomo

Il lavoro sportivo rientra nell’alveo del lavoro autonomo (art. 27 co. 3 del D.Lgs. n. 36/21) quando non si verificano le condizioni per essere inquadrato nel lavoro dipendente. In questo caso lo sportivo è tenuto ad aprire una partita IVA, per fatturare i compensi percepiti.

Nella pratica rientrano in questa categoria, ad esempio, i tennisti ed i giocatori di golf.

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Tassazione dei redditi degli sportivi ai fini delle imposte dirette

Nel caso in cui il contratto stipulato tra gli sportivi professionisti e la società sportiva sia riconducibile all’ambito del lavoro subordinato, ne consegue che la tassazione dei relativi redditi deve avvenire in base alle disposizioni degli articoli da 49 a 52 del DPR n. 917/86 in materia di redditi di lavoro dipendente.

In detta circostanza, dunque, il reddito percepito dallo sportivo professionista, in denaro o sotto forma di c.d. “fringe benefit“, deve essere assoggettato ad imposizione reddituale tramite ritenute alla fonte prelevate dalla società sportiva, che opera quale sostituto d’imposta ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 600/73. Tali ritenute, peraltro, devono essere regolarmente effettuate anche nelle ipotesi in cui gli sportivi professionisti non siano fiscalmente residenti in Italia.

Ed infatti, a meno dell’esistenza di una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni che consenta di disapplicare le ritenute alla fonte, la società sportiva è in ogni caso obbligata alla loro effettuazione all’atto della corresponsione dei redditi. In questo caso, tuttavia, resta ferma la possibilità che le ritenute siano riconosciute nello Stato estero di residenza fiscale dell’atleta come importi che possono contribuire alla determinazione del credito per imposte estere a suo favore.

Quindi ad esempio, immaginiamo un calciatore fiscalmente residente in Italia, con contratto di lavoro dipendente, questi vedrà applicarsi le ritenute fiscali direttamente nella busta paga rilasciata dal suo datore di lavoro (società per cui opera).

Reddito dei procuratori sportivi

Sotto questo aspetto è importante evidenziare che sono assoggettabili a tassazione IRPEF anche le somme corrisposte dalle società sportive, a favore del procuratore che abbia assistito gli sportivi professionisti in occasione della stipulazione del contratto di lavoro.

Su questo aspetto la Legge n. 147/2014 ha stabilito che il 15% dei compensi versati dai club ai procuratori sportivi dei atleti professionisti rappresenta una parte dello stipendio dell’atleta. Nello specifico, mediante l’inserimento del comma 4-bis nell’articolo 51 del DPR n. 917/86, è stato previsto quanto segue:

ai fini della determinazione dei valori di cui al comma 1, per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per l’attività di assistenza nelle medesime trattative”

Sul tema è intervenuta poi la Legge n. 208/15, la quale ha stabilito l’abrogazione, a partire dal primo gennaio 2016, del comma 4-bis dell’articolo 51 del DPR n. 917/86, relativa alla presunzione di un fringe benefit per gli atleti professionisti divenuti oggetto modifiche al contratto di prestazione sportiva.

I premi legati al risultato sportivo

Oltre al reddito derivante dalla propria società sportiva di appartenenza vi è un altro sistema reddituale degli sportivi. Mi riferisco, inevitabilmente, ai premi ed alle erogazioni in natura. Solitamente gli sportivi professionisti percepiscono premi e compensi per la partecipazione o la vincita di manifestazioni o tornei. Pensa al caso dei calciatori, ma anche dei tennisti, dei golfisti, etc.

Ebbene, da un punto di vista fiscale, questi compensi sono inquadrabili tra quelli di lavoro autonomo. In tali circostanze, i compensi, in denaro o in natura, percepiti dagli sportivi professionisti, sono da considerarsi alla stregua dei redditi di lavoro autonomo. Questo con conseguente applicabilità delle ritenute alla fonte previste dal DPR n. 600/73 per detta tipologia di redditi. Il tutto come disposto dall’articolo 3, comma 2, lettera a) della Legge n. 91/81.

In caso di premio erogato da parte di ente non residente, lo sportivo deve dichiarare il premio nello Stato di residenza fiscale. Da considerare che, l’ente estero erogante, potrebbe applicare una ritenuta in uscita sul compenso (c.d. “withholding tax“) regolata dalla propria normativa interna e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni in essere con l’Italia.

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Applicazione della ritenuta per sportivi residenti

La circostanza, inoltre, che detti importi siano normalmente corrisposti in connessione al raggiungimento di un certo risultato sportivo, compensando la bravura dello sportivo professionista nel perseguimento del risultato agonistico, ha portato ad escludere che sui premi in commento possa essere applicata la ritenuta a titolo d’imposta (del 20%) prevista dall’articolo 30, comma 2, del DPR n. 600/73. Ritenuta prevista per le vincite conseguite nel corso di competizioni sportive. Infatti, qualora i premi corrisposti non abbiano puro spirito di liberalità, ma ricorrano in caso di vittoria in determinate competizioni sportive vanno assoggettati a tassazione IRPEF in modo ordinario. Questo considerata la loro riconducibilità all’ambito delle attività sportive normalmente esercitate dagli stessi atleti. Su tali redditi, come per tutti i redditi di lavoro autonomo, deve essere applicata una ritenuta a titolo di acconto da parte dell’ente erogante, da determinarsi, ai sensi dell’articolo 24 DPR n. 600/73. L’aliquota della ritenuta varia in base all’aliquota d’imposta applicabile sul reddito complessivo dell’atleta professionista.

Applicazione della ritenuta a sportivi non residenti

In ipotesi, invece, di corresponsione delle somme a favore di atleti non residenti, la misura della ritenuta, da considerarsi a titolo d’imposta, è pari al 30% (articolo 24, comma 1-ter, DPR n. 600/1973). Ad avviso dell’Amministrazione Finanziaria, detta ritenuta del 30% deve essere, peraltro, applicata sull’intero importo dei compensi corrisposti agli atleti professionisti.

Il tutto a condizione che la prestazione sportiva sia svolta interamente nel territorio dello Stato italiano. Qualora, invece, essa venga resa anche in Stati esteri con i quali siano in vigore convenzioni bilaterali che dispongano la tassazione nel territorio di prestazione delle attività, è legittima l’applicazione della ritenuta del 30%. Questo sulla parte dei compensi proporzionalmente corrispondenti alla svolgimento di attività sportive in Italia.

Sfruttamento economico dei diritti di immagine: tassazione

Un’ultima fattispecie di reddito imponibile in capo agli sportivi professionisti è quello che riguarda lo sfruttamento dei loro diritti di immagine. Infatti, preso atto dell’esistenza di un “diritto all’immagine” degli atleti professionisti, i cui proventi vengono normalmente convogliati in società specializzate nella relativa gestione in esclusiva (società sponsor).

Per quanto riguarda i beni assegnati agli atleti in virtù di contratti con gli sponsor, quali le divise ufficiali del club firmate da case di moda, gli autoveicoli forniti da case automobilistiche da utilizzare per raggiungere il centro sportivo o il luogo della manifestazione sportiva, gli accessori da indossare o da esibire durante le occasioni ufficiali, ecc. la Circolare n. 37/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate prevede che il valore di tali beni rientra tra i redditi da lavoro dipendente, a meno che non sia contrattualmente previsto l’obbligo di utilizzo e di restituzione degli stessi. In caso di mancata restituzione del bene, il valore normale dello stesso sarà assoggettato a tassazione.

Ad ogni modo, non rientrano, nel computo del reddito di lavoro dipendente, ma devono essere ritenuti comunque imponibili alcuni proventi quali, ad esempio, i premi e le erogazioni in natura corrisposti da altri enti. Per quanto riguarda, invece, i corrispettivi connessi allo sfruttamento dell’immagine degli atleti professionisti, benché percepiti da dette società sponsor, rappresentano vere e proprie integrazioni stipendiali, imponibili nella determinazione dell’Irpef dovuta dagli atleti e assoggettabili a ritenuta alla fonte da parte della società sportiva. Infatti, le società sportive professionistiche (vedi le società di calcio) hanno l’obbligo di trasmettere all’Agenzia Entrate i contratti di lavoro stipulati con gli atleti professionisti, nonché dei contratti di sponsorizzazione in relazione ai quali la società sportiva percepisce somme per lo sfruttamento dei diritti di immagine degli stessi atleti.

La tassazione Irap

Nonostante la riconducibilità al lavoro autonomo, i compensi connessi alla resa di prestazioni da parte di atleti professionisti che non siano vincolati da rapporti di lavoro subordinato non sono imponibili ai fini Irap. Ciò deriva dalla circostanza per cui, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/1997, tra le attività di lavoro autonomo rilevanti ai fini del tributo sono comprese solo quelle connesse all’esercizio di arti e professioni ai sensi dell’articolo 53, comma 1, DPR n. 917/86. D’altra parte, si ritiene che il fatto che l’attività degli atleti professionisti sia svolta esclusivamente a titolo personale comporterebbe, di per sé, l’esclusione dall’ambito di applicazione del tributo in commento, per evidente difetto del requisito dell’autonoma organizzazione stabilito dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 446/1997.

Normativa convenzionale per i redditi degli sportivi

La tassazione dei guadagni ottenuti all’estero dagli sportivi professionisti è regolato dall’articolo 17 del Modello OCSE contro le doppie imposizioni. Questa norma si applica in tutti i casi in cui il reddito dello sportivo viene erogato fuori dal Paese di residenza. Pensa al caso di un tennista che riceve un premio per la vincita di un torneo all’estero.

Ebbene, in questo caso, per la definizione della potestà impositiva si deve fare riferimento al citato articolo 17. Tuttavia, lo stesso, non prevede una clausola di esclusività. In pratica, i due Stati, quello di residenza fiscale e quello della fonte del reddito hanno potestà impositiva concorrente. I redditi percepiti all’estero vengono tassati alla fonte, ove sono prodotti, con la ritenuta prevista dall’ordinamento interno di quel Paese. Tuttavia, gli stessi redditi, vanno a cumularsi con quelli interni da dichiarare al Fisco Italiano (in caso di Sportivo Professionista residente). Al fine di evitare una problematica di doppia imposizione è possibile applicare un credito per imposte pagate all’estero. Credito calcolato in base a quanto versato all’estero per le imposte.

Applicazione di ritenuta non conforme alla convenzione

Nella pratica può capitare che la ritenuta in uscita sui compensi esteri non sia conforme alla Convenzione siglata tra di due Paesi: il Paese di residenza dello sportivo e quello di erogazione del reddito. Ebbene, in questo caso uno sportivo residente in Italia ha la possibilità di applicare la procedura amichevole denominata MAP.

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Si tratta di una procedura descritta all’articolo 25 del Modello OCSE. In questo caso è possibile cercare una soluzione conciliativa tra i due Stati. Situazione diversa, invece, quando ci si trova in assenza di una Convenzione Bilaterale contro le doppie imposizioni. In questo caso, lo sportivo professionista rischia una doppia imposizione. Entrambi gli Stati coinvolti potrebbero esercitare potestà impositiva unilaterale.

Focus: tassazione dei calciatori professionisti

La tassazione dei compensi dei calciatori professionisti in Italia è regolata da specifiche normative fiscali e presenta diverse caratteristiche distintive. I compensi sono considerati redditi da lavoro dipendente e sono soggetti a tassazione secondo le norme previste dal DPR n. 917/86. Questo implica che i redditi devono essere assoggettati all’IRPEF e le società sportive agiscono come sostituti d’imposta, applicando ritenute alla fonte sui compensi erogati.

Oltre agli stipendi, i calciatori possono ricevere compensi in natura (fringe benefits), che devono anch’essi essere inclusi nel reddito imponibile ai fini IRPEF. Questi possono includere beni o servizi forniti dalla società sportiva

A seconda della fama e della notorietà del calciatore, una parte sostanziosa del compenso riguarda i diritti di immagine, il rapporto con gli sponsor, e tutti gli aspetti connessi alla monetizzazione della propria immagine.

Focus: tassazione dei tennisti professionisti

La tassazione dei redditi dei tennisti professionisti in Italia presenta diverse peculiarità, simili a quelle dei calciatori, ma con alcune differenze significative legate alla struttura dei loro guadagni e alle normative fiscali applicabili. I tennisti generano redditi principalmente da tre fonti:

  • Prize money: i premi vinti nei tornei;
  • Contratti di sponsorizzazione: compensi ricevuti da aziende per promuovere i loro prodotti, che possono essere legati a eventi specifici o essere contratti di sponsorizzazione a lungo termine;
  • Diritti di immagine: guadagni derivanti dall’utilizzo della propria immagine per campagne pubblicitarie.

I redditi percepiti dai tennisti possono sono generalmente considerati come redditi da lavoro autonomo, ma l’inquadramento varia a seconda della natura del contratto stipulato con la società sportiva. In generale, i compensi per le prestazioni sportive sono assoggettati a tassazione secondo le disposizioni degli articoli 49-52 del TUIR.

I tennisti sono soggetti a ritenuta d’imposta sui redditi percepiti nel Paese in cui si svolge l’attività sportiva. Ciò significa che, quando un tennista partecipa a un torneo all’estero, il Paese ospitante può applicare una ritenuta sui premi vinti. Questo è regolato dall’articolo 17 del Modello OCSE, che stabilisce che i redditi derivanti da attività sportive sono imponibili nello Stato in cui tali attività si svolgono.

Per quanto riguarda i premi vinti nei tornei e i compensi legati ai contratti di sponsorizzazione, la tassazione può variare notevolmente a seconda del paese in cui si svolge l’evento e delle normative fiscali locali. In Italia, l’aliquota IRPEF per i redditi oltre i 50.000 euro è del 43%, il che può influenzare significativamente il netto percepito dai tennisti residenti in Italia.

Se un tennista residente in Italia guadagna all’estero, deve dichiarare tali redditi anche in Italia. Tuttavia, può beneficiare di un credito d’imposta per le tasse già pagate all’estero, evitando così la doppia imposizione. 

Molti tennisti scelgono di stabilire la loro residenza fiscale in paesi con tassazione favorevole, come il Principato di Monaco, dove non ci sono imposte sul reddito delle persone fisiche. Questo consente loro di mantenere una percentuale maggiore dei loro guadagni, soprattutto dai contratti di sponsorizzazione, poiché tali redditi sarebbero tassati esclusivamente nel paese di residenza . Ad esempio, un tennista residente a Monte-Carlo potrebbe incassare un contratto di sponsorizzazione senza subire le pesanti ritenute fiscali italiane.

Disciplina IVA

Le attività di lavoro sportivo in forma autonoma, non sono rilevanti ai fini IVA. Questo per espressa previsione dell’articolo 5, comma 2, del DPR n 633/1972. Questo a meno che, ovviamente, l’atleta professionista non svolga altre attività di lavoro autonomo soggette ad IVA, che possano attrarre nell’ambito di rilevanza ai fini del tributo anche quelle di tipo sportivo. Sulla questione, si è ritenuto che siano imponibili ai fini IVA i compensi percepiti da uno sportivo professionista mediante assunzione di contratti di sponsorizzazione a grande valenza economica e commerciale. Questo indipendentemente dal fatto che detti contratti siano stati conclusi con il supporto di una società incaricata dello sfruttamento del diritto di immagine dell’atleta.

Il ruolo chiave della residenza fiscale per gli sportivi professionisti

Oltre alla tassazione dei compensi, vi è un’altra variabile che incide sul tax planning degli sportivi professionisti. Mi riferisco alla scelta del Paese di residenza fiscale.

Tra i paesi maggiormente scelti tra gli sportivi troviamo sicuramente il Principato di Monaco, dove hanno preso residenza piloti, ciclisti, tennisti che hanno scelto Montecarlo come propria residenza abituale.

Altro Paese gettonato è sicuramente la Svizzera, Paese che, in linea generale, non presenta un basso carico fiscale, tranne alcuni specifici cantoni. Tuttavia, per gli sportivi molto spesso è sufficiente trovare un accordo a forfait con le autorità fiscali per definire la propria tassazione.

Per gli sportivi d’oltreoceano il Paese preferito è sicuramente la Florida. Uno degli Stati USA con il regime fiscale più flessibile. Se ci hai fatto attenzione nessuno di questi Paesi è tra quelli che per definizione si definiscono “paradisi fiscali“. Tutto questo, sicuramente, non a caso. Deve essere tenuto in considerazione che le residenze in paesi più o meno “paradisiaci” sono sempre più oggetto di attenzione da parte delle tax authorities dei diversi paesi. In Italia non mancano casi di sportivi e artisti raggiunti dalle contestazioni del fisco per la fittizietà della propria residenza all’estero. Ma questo è un altro problema.

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