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Smart working, il lavoratore ha diritto all’indennizzo Inail in caso di infortunio: la sentenza #adessonews

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Lo smart working, almeno per alcune professioni e attività lavorative, riserva un gran numero di vantaggi rispetto al lavoro tradizionale. Zero spese per i trasporti, più tempo per organizzare la giornata e combinare il lavoro con le attività familiari e di svago e un minor rischio di burnout, sono sicuramente aspetti che giocano a favore del lavoro a distanza. Ma non sempre tutto va come si vorrebbe e qualche brutta sorpresa o incidente potrebbe essere dietro l’angolo.

Ne sa qualcosa una donna che, per il tramite del sindacato, ha fatto ricorso per conseguire l’indennizzo Inail, a seguito di un grave infortunio patito (con postumi invalidanti) mentre sfruttava un permesso personale.

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Il tribunale di Milano si è recentemente pronunciato, con un provvedimento che va in una direzione favorevole ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Vediamo perché.

La domanda di indennizzo e la decisione Inail

La controversia ha avuto origine ai tempi della pandemia. Erano i mesi in cui i dipendenti, anche pubblici, lavoravano nella loro abitazione, grazie alle norme di emergenza e al massiccio utilizzo dello smart working. Come accennato poco sopra, la donna al centro della questione che qui interessa – una funzionaria doganale – nel settembre 2020 aveva ottenuto un permesso retribuito dal proprio datore di lavoro, per andare a prendere la figlia all’uscita da scuola primaria. La donna in quell’orario avrebbe dovuto quindi lavorare alla sua postazione domestica, ma ha ovviamente ritenuto prevalenti le motivazioni di ordine familiare e i doveri genitoriali.

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Durante il percorso di ritorno dall’edificio scolastico, il doloroso e pesante infortunio della distorsione alla caviglia con escoriazioni al ginocchio. Curata al pronto soccorso, la dipendente aveva scelto di effettuare domanda di infortunio all’Inail. Qui la doccia fredda: l’istituto scelse di rigettare la richiesta, non tutelando la donna sulla considerazione per cui l’infortunio:

  • non era da intendersi legato a un rischio connesso all’attività di lavoro,
  • ma a un fatto, evento o incidente della vita quotidiana non correlabile alla mansione (rischio generico incombente su tutti i cittadini).

La circolare Inail n. 48 del 2017

A sostegno della sua posizione, l’Inail (che ha recentemente indicato che chi lavora di notte si infortuna di meno) richiamava la sua circolare n. 48/2017, secondo cui, con riferimento allo smart working, la tutela scatta altresì per gli infortuni:

connessi alle attività prodromiche e/o accessorie purché strumentali allo svolgimento delle mansioni proprie del […] profilo professionale.

Come accennato, nel caso in oggetto l’istituto negava il riconoscimento della tutela, in quando la donna era stata vittima di un infortunio nell’ambito di un permesso personale, ossia in un arco di tempo che nulla aveva a che fare – in quel giorno – con l’attività di lavoro.

In sostanza, questo infortunio per Inail non sarebbe indennizzabile perché non classificabile come infortunio in itinere, ma semplicemente come un incidente avvenuto mentre la donna sfruttava un permesso per motivi personali.

Non soddisfatta delle conclusioni dell’istituto, la donna ha di seguito impugnato la decisione rivolgendosi al tribunale di Milano.

Il ricorso in tribunale e la decisione del giudice

A tutela della lavoratrice, il patronato Inca Cgil Milano aveva presentato ricorso contro il rigetto della domanda di indennizzo, facendo perno su un’ordinanza della Cassazione, la 18659/2020.  Tale provvedimento era giunto a conclusione di una controversia che riguardava la moglie e i figli di un dipendente, morto per un incidente stradale avutosi nel percorso da casa al posto di lavoro, mentre questi faceva rientro dopo aver sfruttato un permesso per motivi personali.

Ecco perché nella sentenza del tribunale di Milano si trova scritto che:

La ricorrente, dal canto suo, ha richiamato una pronuncia della Suprema Corte che ha affermato che l’infortunio in itinere è ricompreso nella tutela Inail anche nell’ipotesi in cui il lavoratore percorra il tragitto in fruizione di un permesso per motivi personali (Cass. ord. n. 18659/2020), aggiungendo che la circolare Inail n. 62 del 18 dicembre 2014 ha chiarito a quali condizioni risultano indennizzabili gli infortuni in itinere occorsi nel tragitto casa-lavoro interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola.

Secondo il tribunale perciò lo sfruttamento del permesso di lavoro per motivi personali non interrompe di per sé il nesso rispetto all’attività lavorativa. Anzi la temporanea sospensione dell’attività lavorativa si ricollega, in questo specifico caso, all’adempimento dei doveri genitoriali ed è pienamente indennizzabile alla luce di quanto chiarito dalla Suprema Corte.

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Non solo. La sentenza giunge a questa conclusione perché non è contestata alcuna anomala deviazione dal percorso indicato tra l’abitazione della ricorrente e la scuola. Solo in tal caso il diritto all’indennizzo Inail verrebbe meno.

In altre parole, l’indennizzabilità del cosiddetto ‘infortunio in itinere’ non scatta soltanto quando il lavoratore, per motivi o impulsi personali, abbia modificato il normale percorso casa – lavoro, mettendosi autonomamente in una situazione di rischio.

Che cosa cambia

Per la dipendente agire in tribunale è stato determinante per vedere riconosciute le sue ragioni. Perciò l’intervento del sindacato ha consentito di cambiare le carte a suo favore. La giurisprudenza della Cassazione ha affermato chiaramente che in tema di infortunio in itinere, la tutela assicurativa copre gli infortuni avutisi nel normale percorso abitazione – luogo di lavoro, anche in caso di:

  • smart working;
  • godimento da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali, accordato da norme e contrattazione collettiva.

Il giudice di Milano si è allineato al richiamo alla Cassazione, rimarcando che la tutela Inail del lavoratore scatta tutte le volte in cui si allontani dalla sede di lavoro e poi vi faccia ritorno, in occasione della sospensione dell’attività lavorativa per pause, riposi e permessi.

Concludendo, Inail è stata conseguentemente condannata a indennizzare l’infortunio occorso alla lavoratrice (dovuto ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000).





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