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Le centinaia di cantieri nel mirino della Procura della Repubblica di Milano a rischio sequestro per l’ipotesi eventuale di lottizzazione abusiva, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali rese del Sindaco Beppe Sala, e le decine di altre situazioni borderline presenti sul territorio nazionale, meno note solo perché ancora non finite sotto i riflettori della magistratura e della stampa, fungono da acceleratore per l’approvazione, se non immediata, certamente in tempi ristretti, del cosiddetto disegno di legge “Salva Milano”. Permangono, però, forti dubbi su una questione che da tecnica, rischia di diventare tutta politica.

Come si è arrivati al disegno di legge “Salva Milano”

Dal 24 luglio ultimo scorso, messo da parte il tema della conversione del decreto legge 69/2024, l’attenzione dell’ottava Commissione Ambiente della Camera, in sede referente, è completamente assorbita dall’esame del disegno di legge numero 1987/2024, recante “Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana”, noto ai più come “Salva Milano”.

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La norma, già stralciata dal decreto 69/2024, il cosiddetto Salva Casa, per il mancato raggiungimento dell’accordo sui contenuti, e, successivamente, restata fuori anche dal decreto “Infrastrutture”, per una dichiarata diversità d’oggetto, in seguito ad una successiva intesa tra il governo ed i gruppi parlamentari di maggioranza, è stata ritenuta meritevole di una specifica proposta di legge, cui applicare, stante le evidenti pressioni da parte dell’opinione pubblica, la procedura d’urgenza.

La questione è, così, giunta in Parlamento e, almeno stando alle dichiarazioni d’intenti delle forze politiche firmatarie, si avvia ad una spedita approvazione per porre, almeno temporaneamente, la parola fine alle polemiche suscitate in occasione delle numerose inchieste che, nella sola città di Milano, hanno riguardato più di 150 cantieri in relazione ai quali gli inquirenti hanno ipotizzato, salvo ovviamente prova del contrario, il reato di abusivismo edilizio nella sua forma più grave, ovvero la lottizzazione abusiva.

La fattispecie si concretizza, infatti, quando vengono eseguite opere che comportano una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio, anche molto invasiva, in violazione della normativa specialistica vigente, senza le prescritte autorizzazioni ovvero in contrasto con le disposizioni contenute nella legislazione vigente, a livello statale o regionale.

Il tutto, nell’attesa di arrivare, si spera, ad una ridefinizione organica dell’intero complesso normativo in materia di edilizia ed urbanistica, anche allo scopo di favorire concretamente l’attuazione della rigenerazione urbana che l’Unione Europea impone ai singoli Stati membri.

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Il contenuto del disegno di legge “Salva Milano”

Il disegno di legge all’esame della Camera, nell’attesa dell’agognato riordino strutturale della disciplina, da realizzarsi entro sei mesi dalla sua approvazione definitiva (previa intesa in sede di Conferenza Unificata, Stato, Città e autonomie locali), presenta, tra gli altri, due aspetti interessanti:

  • interviene sul concetto di ristrutturazione edilizia, ampliandolo ed estendendolo a quegli interventi che conducano alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari;
  • si propone di dare vita ad un regime transitorio che consenta di regolarizzare gli interventi medio tempore realizzati in assenza di un piano urbanistico attuativo, per come definito all’art. 41 quinquies, L. n. 1150/1942 e all’art. 8, D.M. n. 1444/1968.

Con particolare riguardo a quest’ultima ipotesi (articolo 1, comma 2, A.C. 1987/2024), si considerano conformi alla disciplina urbanistica, fino alla data di entrata in vigore della disciplina di riordino del settore di cui si è detto, le seguenti tipologie d’intervento, pur se non precedute da un piano urbanistico di attuazione:

  • costruzione di nuovi immobili, effettuate su singoli lotti situati in ambiti già edificati ed adeguatamente urbanizzati;
  • sostituzione di edifici già esistenti, in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata;
  • interventi su edifici esistenti, in una struttura urbana definita e urbanizzata, che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi, previsti dall’articolo 41quinquies, sesto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ferma restando, ovviamente, l’osservanza della normativa tecnica delle costruzioni.

Il nuovo concetto di conformità alla disciplina urbanistica

Per effetto del successivo comma 3, la conformità urbanistica degli edifici realizzati, è, comunque, sottoposta al rispetto delle seguenti condizioni:

  • l’adeguatezza delle infrastrutture territoriali e dei parametri urbanistici a quelli previsti dalle leggi regionali e dagli strumenti urbanistici;
  • il rispetto della distanza minima tra fabbricati, di cui al DM 1444/68 (10 metri tra pareti finestrate e edifici antistanti). Sono, però, ammesse deroghe (ed è questo uno dei punti più controversi della norma, in quanto si rischia di aprire ad eccezioni che trattano ipotesi formalmente simili in maniera sostanzialmente diseguale) alle distanze minime tra fabbricati frontisti, che siano previste all’interno di piani attuativi o di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario.

Restano esclusi dall’ambito di applicazione del disegno di legge gli interventi per i quali sia già stata disposta la riduzione in pristino o la demolizione, a seguito di provvedimento definitivo, così come sono fatte salve le misure eventualmente più restrittive, previste per gli immobili gravati da vincolo storico/culturale e per quelli ubicati nella zona omogenea A o ad essa assimilata.

Le prime reazioni al testo in discussione

Come sempre accade in sede di esame preliminare dei disegni di legge, avviate le consultazioni di rito, si sono immediatamente delineati due fronti attestati su posizioni sostanzialmente differenti.

Ad un orientamento più restrittivo, che propende per il divieto di interventi effettuati in assenza del piano attuativo esteso all’intera zona, anche nelle ipotesi di ricostruzione di fabbricati da eseguire in zone già urbanizzate (Consiglio di Stato, sentenza n. 369/1977), e che dunque considera la formulazione attuale della norma troppo generica, tanto da aprire a possibili valutazioni discrezionali degli enti territoriali eccessivamente tecniche e complesse, se ne contrappone uno più estensivo.

Tale tesi più “morbida” (che fa capo a Consiglio di Stato n. 7799/2003), ritiene l’approvazione del piano particolareggiato, o di lottizzazione, necessario solo nelle aree non urbanizzate, poiché, proprio in quanto tali, esse necessitano di una pianificazione attuativa finalizzata ad uno sviluppo urbanistico armonico, coerente ed ordinato, anche in ottica rigenerazione urbana.

In assenza del piano in oggetto, ogni tentativo di sanare, a vario titolo, opere realizzate senza adeguato titolo, oltre che in zone gravemente carenti in termini infrastrutturali, sarebbe inevitabilmente destinato, nel tempo, a fallire in quanto non adeguato – anche – dal punto di vista del rispetto dei parametri urbanistici e di sicurezza primari.

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Osservazioni conclusive

Quel che è certo è che, al di là di ogni ulteriore considerazione interpretativa, emerge con chiarezza un dato: il carattere transitorio della disciplina del “Salva Milano” e le criticità evidenziate nella formulazione testuale del dato normativo, impongono, con urgenza, un intervento organico, strutturale e completo, che modifichi, adeguandolo alle mutate esigenze urbanistiche ed edilizie rispetto all’epoca della sua adozione, il corpo del d.P.R. 380/01, così da consentire appieno anche l’avanzamento concreto e l’attuazione della rigenerazione urbana, in ossequio ai dettami che, con forza, provengono incessantemente dall’UE.



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