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Scontri al corteo pro Palestina, città blindata e diversi feriti #adessonews

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Per ore, nonostante i tentativi di trattare, le forze dell’ordine hanno impedito alla piazza pro Palestina, inizialmente vietata dalla Questura, di uscire da piazzale Ostiense a Roma. Cordoni schierati di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa bloccavano tutte le uscite. Per migliaia di persone è stato complicato capire da che parte fuggire mentre avvenivano gli scontri, venivano lanciate bombe carta, e la polizia rispondeva con lacrimogeni e idranti. Ma, una volta fatti confluire i manifestanti fuori dalla piazza, si è di fatto formato un corteo che ha camminato per le vie del quartiere gridando «Palestina libera!».

Oggi migliaia di persone – si stimano da 5mila a 8mila – sono arrivate a Roma e sono scese in piazza per esprimere solidarietà al popolo palestinese, libanese e siriano e protestare contro il divieto imposto dalla questura alla libertà di manifestazione. Martedì infatti il questore ha vietato la manifestazione, decisione confermata dal Tar, salvo poi nel primo pomeriggio autorizzare il concentramento nel piazzale, ma mantenere il veto sul corteo per le strade della città.

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A promuovere la manifestazione i Giovani Palestinesi e l’Unione democratica arabo palestinese, mentre la Comunità palestinese di Roma e Lazio ha deciso di sfilarsi e di rimandare al 12 ottobre. Molte le polemiche legate a questo appuntamento, per alcuni post di una delle organizzazioni promotrici e perché a due giorni dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas in territorio israeliano, che ha sequestrato civili e ucciso oltre 1.200 persone.

Sono centinaia le realtà, le associazioni e i sindacati che hanno deciso di unirsi ai promotori, tra questi Sì Cobas, Usb, Unione degli Studenti, movimenti e partiti come Potere al Popolo, Possibile, Ultima generazione, e diversi centri sociali. E la rete ddl 1660, contro il disegno di legge sicurezza approvato dalla Camera e ora in Senato, di cui fanno parte oltre cento realtà.

Città blindata

«Oggi siamo tanti ma potremmo essere molti di più, se questo non fosse uno stato fascista di polizia», dice una ragazza dei Giovani Palestinesi, tra le firme promotrici della manifestazione, durante la conferenza stampa iniziale. «Abbiamo decine di compagni fermati, sono stati rimandati indietro bus e sono stati fatti controlli sui treni», aggiunge.

Per l’appuntamento di oggi, Roma è stata blindata fino ai caselli autostradali, con servizi a cerchi concentrici. Nel primo pomeriggio sono arrivate notizie di 1.600 persone controllate dagli agenti e almeno 19 portate in questura. Alcuni pullman, come quello proveniente da Pisa, sono stati bloccati e non sono riusciti a raggiungere la capitale. Trentotto invece i fogli di via per i manifestanti provenienti da diverse città, come Varese, Livorno, Brindisi, Napoli, Torino. Provvedimenti che i promotori hanno chiesto di ritirare.

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I promotori hanno provato a trattare con la polizia per poter uscire da Ostiense, senza però ottenere il via libera. Il corteo formatosi dopo la conferenza stampa ha quindi iniziato a girare in tondo lungo il perimetro della piazza, evitando i varchi di polizia e cercando di trattare di volta in volta. Mentre le sigle promotrici stavano dichiarando il successo della manifestazione, un gruppo di persone incappucciate hanno cominciato a lanciare bottiglie, bombe carta e sassi verso gli agenti sul lato di via Ostiense, che hanno poi risposto con una carica, con il lancio di lacrimogeni e l’uso di idranti.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha fatto sapere di aver telefonato al capo della Polizia, Vittorio Pisani, per chiedere informazioni sulle condizioni di salute degli agenti e per esprimere il proprio apprezzamento per «l’operato delle forze di polizia» che hanno dimostrato «grande professionalità ed equilibrio garantendo l’ordine pubblico in una giornata complessa».

Negli scontri sono rimasti feriti alla testa almeno due ragazzi e una ragazza. Sono invece trenta i feriti tra le forze dell’ordine, tra polizia di stato e guardia di finanza, e almeno cinque i fermati tra i manifestanti.

Le istanze

«Rivendichiamo tutta la piazza, con tutto il suo arcobaleno», ha detto il rappresentante dell’Unione democratica arabo palestinese, «è piena nonostante i limiti che ci hanno messo». Contro la guerra, contro le armi che l’Italia dà a Israele, contro i soldi usati per finanziare i conflitti, «sono soldi che vengono tolti allo stato sociale, ci stanno togliendo tutto», ha continuato il rappresentante.

«Palestina libera», «Israele criminale», «Ora intifada», sono alcuni dei cori della piazza, tra cartelli, bandiere palestinesi, di partiti e sindacati. Tra queste, è emersa anche alcune bandiere di Hezbollah.

«Manifestare è un diritto, manifestare per la pace è un dovere», recitava un cartello. «Ci sono momenti di grande difficoltà di accesso, è inutile che ci dicano che c’è il permesso per il presidio», hanno detto le sigle in conferenza stampa.

«Siamo qui oggi perché se il governo e la questura vietano una manifestazione sulla Palestina, dopo quasi 50mila morti, domani vieteranno di scioperare e di lottare per la scuola gratuita, un’università degna, per la vita degna, per tutto», continuano i rappresentanti dei Giovani palestinesi. In molti hanno ricordato come la libertà di manifestare non possa essere soggetta a autorizzazione, come prevede il dettato costituzionale.

E per questo erano presenti in piazza gli “Human Rights Observers” di Amnesty International, perché, ricorda l’organizzazione, «gli stati devono rispettare, garantire per legge e assicurare che tutte le persone possano esercitare il loro diritto di protesta senza discriminazioni».

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