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Anche se l’inflazione è in calo, il livello dei prezzi resta alto e i salari in Italia risultano essere in calo rispetto al periodo pre-crisi del 2021. È quanto emerge dal Monitor realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Prometeia, che analizza l’andamento dell’inflazione e del livello dei prezzi nel nostro Paese. Uno scenario che, specifica lo studio, vede il Bel Paese ancora una volta indietro rispetto agli altri Paesi europei in tema di stipendi, con una situazione ormai definita “inaccettabile”.
Il problema dei salari
Nel report dell’Area Studi Legacoop in collaborazione con Prometeia viene posto l’accento sulla situazione dei salari in Italia. Stipendi che, come detto, sono quasi immobili rispetto all’andamento dell’economia, facendo venir meno il potere d’acquisto degli italiani. Secondo i dati riferiti, a crescere sono stati i salari orari, ma solo dell’1,2% con un ritardo forte rispetto all’area euro (+3,3%), ma in termini reali le cose stanno diversamente.
Infatti, riferisce Legacoop, i salari si sono ridotti quasi del 10% rispetto al periodo pre-crisi, pur registrando un recupero nel primo trimestre 2024 grazie a una crescita più sostenuta dei salari negoziati (3,6% a giugno). Il reddito disponibile reale, che tiene conto di tutte le voci di entrata e uscita nel budget familiare, ha avuto una flessione meno forte, grazie alla politica di bilancio, alla tenuta dell’occupazione e ai maggiori redditi da patrimonio e di imprese.
“È evidente che la società italiana, nella sua larga maggioranza, è ancora stretta in una morsa tra permanere dell’inflazione e degli alti prezzi, e inconcepibile perdurare di un trend salariale più basso degli altri paesi europei in modo inaccettabile. Così, è ovvio che il ceto medio si percepisca ‘in declino’ e impotente di fronte a un ascensore sociale bloccato” ha detto Simone Gamberini, presidente di Legacoop.
L’andamento dell’inflazione
Il report di Legacoop evidenzia come dopo il picco di ottobre 2022, il tasso di inflazione sia progressivamente sceso in risposta agli aumenti dei tassi di interesse disposti dalla Bce. Ma non tutto quello che luccica è oro.
Infatti nonostante la crescita dei prezzi sia ormai contenuta, il loro livello è sostanzialmente più alto rispetto a gennaio 2021, sia in Italia che nell’area euro, portando a ridurre il potere d’acquisto delle famiglie.
Ma bisogna ricordare anche i dati del passato. L’Italia, infatti, è reduce da un periodo molto complicato in materia di inflazione, soprattutto a causa del prezzo dell’energia. A ottobre 2022, riferisce il Monitor, il prezzo era infatti aumentato del 72% rispetto all’anno passato, portando di fatto all’aumento dei costi di produzione che si sono tradotti con la crescita dell’Ipca (indice dei prezzi al consumo).
Oggi, con i prezzi dei beni energetici che sono diminuiti, è presente un contributo negativo alla variazione totale dei prezzi. Nell’ultimo periodo, infatti, una percentuale sempre maggiore di beni sta subendo aumenti di prezzo relativamente contenuti, con i dati di agosto 2024 (ultimi disponibili prima dello studio di Legacoop-Prometeia) che sottolineano come solo il 30% dei beni ha subito aumenti di prezzo superiori al 3%. E senza politiche di mitigazione messe in atto dal governo Meloni la situazione sarebbe stata peggiore, con l’impatto dei prezzi dell’energia che si sarebbe fatto sentire forte nell’economia di ogni giorno per le famiglie italiane.
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